Ecco perché la ricorrenza di Santo Stefano è legata al Natale
Il Natale è «una vista sul Calvario», e i martiri santificano la Redenzione
E lapidavano Stefano, che pregava e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito». Poi piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». Detto questo, morì.
(Dalla liturgia).
Oggi riflettiamo un poco anziché sul Vangelo sul brano degli Atti degli Apostoli che descrive il martirio di Santo Stefano. Ci viene da chiederci come mai il giorno dopo il Natale la liturgia ci propone una festa apparentemente così lontana dal clima natalizio: perché proprio il giorno dopo la celebrazione della Natività la liturgia ci fa celebrare una festa così sanguinolenta?
Stefano è il primo dei milioni di martiri che hanno costellato la storia della Chiesa. Festeggiare Santo Stefano che muore imitando Gesù il giorno dopo Natale ci fa capire che la grotta di Betlemme ha una vista sul Calvario.
La stessa descrizione di Luca della Natività, «lo avvolse in fasce e lo depose nella mangiatoia», ci riporta alla scena della sepoltura, quando Gesù, calato dalla croce, viene avvolto in un lenzuolo e deposto nel sepolcro. Il Natale va letto alla luce della Pasqua, del sacrificio di Cristo sulla croce, sacrificio che ci ha guadagnato la salvezza, che ci ha strappato dal destino di dannazione eterna meritato per i nostri peccati.
E il martirio di Stefano, festeggiato il giorno dopo Natale, ci fa capire che essere cristiani non significa solo gioire per la tenerezza del Bambinello, significa anche voler imitare Cristo, seguendolo se necessario fin sulla via del Calvario.
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