I protagonisti della Bibbia. 3 – Osea e la prostituta Gomer

I protagonisti della Bibbia. 3 - Osea e la prostituta Gomer

Il Libro di Osea illustra la fedeltà di Dio all’uomo

Osea (הושֵעַ = il Signore salva) fu uno dei 12 profeti detti minori per la relativa brevità dei loro libri rispetto a quella dei profeti maggiori. Il suo nome intero era Osea ben Bəeri (Osea figlio di Bəeri), e visse nel VIII secolo a.C. Si ritiene che il Libro di Osea sia stato scritto tra il 750 e il 725 a.C. nell’imminenza della conquista del Regno del Nord (Israele) da parte degli Assiri, con la caduta di Samaria (722 a.C.).

L’importanza del Libro è sottolineata dal contenuto esegetico che rapporta l’infedeltà di Gomer, moglie del profeta, a quella del popolo di Israele che abbandona Yahweh per dedicarsi all’idolatria. Le vicende di Osea testimoniano però l’infinita fedeltà di Dio nei confronti dell’uomo, segno di paterna pazienza e riconoscimento delle misere condizioni umane.

All’inizio del Libro Dio invita Osea a sposare la prostituta Gomer. In questa esortazione troviamo l’ineluttabilità delle scelte, ma anche un chiaro riferimento alla pedagogia di Dio che trae il bene anche dal male: «Va’, prenditi in moglie una prostituta, genera figli di prostituzione, poiché il paese non fa che prostituirsi allontanandosi dal Signore» (da Os 1,2).

Il riferimento all’idolatria del popolo di Israele e ancora più chiara se contestualizziamo il messaggio nel periodo storico. Già un secolo prima re Achab aveva rinnegato Yahweh, introducendo in Israele il culto cananeo praticato dalla moglie. Nonostante ciò il Dio Sabahot non lo aveva abbandonato e gli «consentì» di respingere gli attacchi assiri. Ora, però, sarebbe arrivata una sorta di resa dei conti: gli Assiri stavano premendo ancora alle porte del Regno del Nord.

Il comportamento dissoluto di Gomer anche durante il matrimonio ci è suggerito dalla terminologia «figli di prostituzione», e il primo nato della coppia fu chiamato Izreèl (Dio disperderà) secondo l’indicazione di Dio a Osea. La seconda figlia fu chiamata «Non amata» per indicare la difficoltà che Dio voleva manifestare nel continuare ad amare il suo popolo. In quel frangente Dio rivela a Osea che preferisce il popolo di Giuda rispetto a Israele. È l’anticipazione della protezione alla Giudea, che infatti nel 721 a.C. non cadde sotto gli Assiri. Una ulteriore conferma delle intenzioni divine si ebbe col nome imposto al terzo figlio: «Non popolo mio».

A questo punto avviene il divorzio tra Osea e Gomer, la quale si allontana dal marito per praticare la prostituzione, allettata dalle ricchezze che potrebbe avere e trascurando tutto ciò che invece Osea le dava.

Osea si accorge però che il suo compito è quello di amare: amare gratuitamente e senza compromessi; amare senza giudicare e senza remore.

Dio allora disse a Osea: «Va’ ancora, ama la tua donna: è amata dal marito ed è adultera, come il Signore ama i figli di Israele ed essi si rivolgono ad altri dèi e amano le schiacciate di uva» (da Os 3,1).

Osea riscattò la moglie dalla schiavitù in cui era caduta, e versò una cospicua somma di denaro (15 pezzi d’argento) più 1 homer e mezzo di cereali (pari circa a 700 kg.), e si imposero a vicenda l’obbligo di fedeltà. Questo nuovo accordo tra Osea e Gomer richiama una nuova Alleanza.

Il Libro di Osea è il primo della Bibbia che identifica il rapporto tra Dio e il suo popolo come uno sposalizio. Questo tema importantissimo sarà poi ripreso varie volte nella Bibbia, come ad esempio nel Cantico dei Cantici. Lo sposalizio rende infatti l’idea dell’unione stretta tra Dio e Israele, ma anche di Cristo con la sua Chiesa.

La stesura del Libro di Osea procede poi con gli specifici riferimenti all’idolatria, che come accennato, era una piaga dolorosa e fiorente in quel periodo e alle conseguenze che avrebbe portato.

Una menzione doverosa per completezza deve essere fatta circa il versetto di epilogo del libro: «Chi è saggio comprenda queste cose, chi ha intelligenza le comprenda: poiché rette sono le vie del Signore, i giusti camminano in esse, mentre i malvagi vi inciampano» (Os 14,10).

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