La «moneta» di Dio non è la nostra moneta

Tutto diventa duro e incomprensibile se non capiamo il linguaggio del Padre

In quel tempo, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?”.
Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato».
(Dalla liturgia).

C’è un modo di ascoltare la parola di Dio che non porta frutto, che non ci porta alla salvezza. E le parole di Gesù sono inquietanti: «a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha».

La colpa di tutto questo non è di Dio, ma è nostra: Egli vuole mettere a disposizione di ciascuno la sua parola di salvezza, ma non tutti la ricevono in modo che possa portare frutti di bene nella vita: «udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete». Come dire: non basta avere a che fare con le cose di Dio, bisogna far sì che quello che il Signore ci dona e ci insegna porti frutti di bene nella nostra vita per noi e per gli altri.

Possiamo udire senza comprendere e guardare senza vedere. E come è possibile? È possibile quando noi ci avviciniamo alle cose di Dio e ascoltiamo la sua parola senza avere il desiderio che tutto questo metta in discussione la nostra esistenza, senza volere lasciare agire Dio nella nostra vita. Allora, pur avendo a disposizione ciò che molti profeti e giusti hanno desiderato, non ne avremo alcun beneficio.

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