In Paradiso la nostra attuale tristezza si tramuterà in gioia

In Paradiso la nostra attuale tristezza si tramuterà in gioia

Se ragioniamo per categorie umane difficilmente comprendiamo Gesù

«Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete».
Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: «”Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e: “Io me ne vado al Padre”?». Dicevano perciò: «Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire».
Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: «State indagando tra voi perché ho detto: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”»?
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(Dalla liturgia)

«Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete». E’ una frase misteriosa, che infatti i discepoli non comprendono.

Gesù se ne va, ma non per questo c’è da piangere. C’è invece da rallegrarsi. Rallegrarsi per Lui, perché Gesù va dal Padre, torna nella gloria dei cieli, portando con sé quella carne umana, creata nel grembo della Vergine Maria, quella carne umana ormai indissolubilmente legata alla persona divina del Verbo. E c’è da rallegrarsi per noi, perché il Signore, andandosene, non ci lascia soli («Io sarò con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo», Matteo 18,20), ci dona lo Spirito Santo e ci fa vivere l’esperienza della Chiesa, suo mistico corpo.

«La vostra tristezza si cambierà in gioia»: in gioia, perché Gesù che sale al cielo anticipa il nostro destino eterno, che è quello, se non rifiutiamo la sua offerta d’amore, della gioia eterna del paradiso.

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