Conoscere Gesù è anche consapevolezza di noi stessi

Conoscere Gesù è anche consapevolezza di noi stessi

Gesù ci invita alla vera conoscenza di Lui

«Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». (Dalla liturgia).

Riflettendoci bene, questo Vangelo sembra dirci che meno ne sappiamo, delle cose di Dio, e meglio è. Qualcuno potrebbe intendere che Gesù dica: «restate ignoranti che capirete meglio!». È paradossale.

Pensandoci bene il sistema di chi vuole dominare sugli altri è quello di lasciare ignorante il popolo.

Santi e beati nella Chiesa ci hanno sempre detto il contrario: il beato Antonio Rosmini, un sacerdote vissuto nel 1800, elencava tra le cinque piaghe che sfiguravano il volto della Chiesa l’ignoranza dottrinale dei preti; san Pio X, papa che ha regnato nei primi decenni del secolo scorso, individuava tra le cause della debolezza spirituale dei cristiani l’ignoranza in materia religiosa, e promosse la redazione di un catechismo, riprendendo e rendendo più fruibile un catechismo voluto quattro secoli prima dal Concilio di Trento per gli stessi motivi. Si consideri che il Concilio di Trento aveva visto, giustamente, nell’ignoranza diffusa tra la gente in materia religiosa, il terreno di coltura per il diffondersi dell’eresia protestante, così come quattro secoli dopo San Pio X aveva individuato nell’ignoranza dei cristiani il primo motivo del diffondersi del modernismo, sintesi di tutte le eresie. Come è dunque possibile pensare che il Signore Gesù ci chieda di rimanere ignoranti, in materia di fede?

Il Signore non ci chiede di rimanere ignoranti, l’ignoranza è sempre un male. Ci chiede di essere piccoli, cioè di riconoscere in Qualcuno di più grande Colui che ci guida, che ci insegna la verità, che ci da una legge morale che ci serve a vivere bene con Dio, e vivendo bene con Dio a vivere bene con noi stessi, con gli altri e con il mondo.

L’errore non è certo quello di sforzarsi di cercare la verità nelle cose di Dio, l’errore è quello di voler fare a meno della rivelazione di Cristo, della sacra scrittura, del magistero autentico della Chiesa che lo interpreta e lo rende applicabile alle situazioni sempre nuove che la vita propone. L’errore è quello di voler fare a meno di Dio nella ricerca della verità, nel voler fare a meno di Dio nella propria vita. È il desiderio di autosufficienza da Dio, quel desiderio che ha portato Lucifero alla ribellione e i progenitori a dare ascolto al sibilo del serpente anziché alla voce di Dio.

Il Signore la verità le rivela ai semplici, cioè a coloro che accettano di lasciarsi guidare da Dio attraverso la Chiesa, ma a quelli che si credono sapienti, che pensano di conoscere già tutto, la nasconde. Quando Dio nasconde la verità la vita diventa confusa, arida, priva di significato. Magari è una vita di successo, agli occhi del mondo, ma lascia a lungo andare il cuore vuoto, e un senso generale di insoddisfazione.

Conoscere le cose di Dio non è qualcosa di irrilevante per la nostra vita, perché riguarda le domande più importanti della nostra vita: il senso della vita, la felicità, la vita eterna. E su queste cose si ascoltano e si fanno proprie le opinioni di gente o che non ne sa nulla, o che magari ne sa, ma a bella posta insegna la menzogna.

Chiediamo al Signore la grazia di conoscerlo per poterlo amare. Lo sforzo che ci chiede per conoscerlo non è gravoso: il suo peso è dolce, il suo carico è leggero.

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