Il sottile confine con la superstizione
Gesù fa luce su coerenza di comportamento e ritualità
«Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro».
(Dalla liturgia).
I gesti rituali, le azioni di culto, non ci rendono migliori, quando non sono legati ad una vita buona, quando non sono l’espressione di un cuore puro, di un’intenzione retta.
Pensare che ci sia qualcosa nella natura che automaticamente possa renderci migliori o peggiori, senza il nostro impegno personale e il contributo della nostra ragione e della nostra volontà, è un’idea pagana, è pura superstizione.
È il nostro cuore, cioè l’intenzione con cui noi facciamo o non facciamo qualcosa, che rende buono o cattivo il nostro agire, e di conseguenza rende buoni o cattivi noi.
Pregare, partecipare alla Messa, ricevere i Sacramenti, senza un reale desiderio di essere in comunione con Dio e di vivere come piace a Lui è qualcosa di inutile, che ci illude di fare qualcosa di buono per noi e per la nostra salvezza e che invece ci mantiene pericolosamente sulla via della perdizione.
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